2-02-2000 14:14

Febbraio

L'EDITORIALE

Trieste, una bomba ecologica

Bonifica, quanto mi costi?

Discariche a cielo aperto al centro della città

Trieste e Pitelli, due casi gemelli

Notizie dalle sedi regionali

Curiosità dal mondo

I microbi buoni distrutti da creme e saponi

Il cibo di Frankstein e la guerra alle multinazionali

Saracari, Nasi rossi e corse a vuoto. Ecco Carnevale

L'uomo al centro del sistema ambiente

Palermo, arte e tradizioni

Il Presidente Sospiri incontra i quadri responsabili di A/V in Calabria e Sicilia

 




L'EDITORIALE

Lo stato dell'ambiente, in Italia, è di assoluto degrado.

Tutti lo riconoscono e sottolineano costantemente: dalle associazioni ambientaliste alle forze politiche, passando attraverso autorevoli organismi tecnico-scientifici, pubblici e privati, che si occupano della materia talvolta da decenni.

Bisogna aggiungere che alle emergenze ambientali, ingigantitesi e moltiplicatesi soprattutto durante l'ultima metà del secolo scorso, si è solo preteso di dare risposte, in realtà tutte mancate, nonostante l'avanzare di un contesto sociale sempre più ricettivo ed aperto rispetto alla necessità di perseguire un modello di sviluppo ecocompatibile.

Se tutto ciò è vero - e mi pare che nessuno sia nelle condizioni di negarlo con argomentazioni credibili - significa che l'assunto dal quale sono partito circa l'attuale condizione dell'ambiente non rappresenta altro che il risultato di una specie di somma algebrica tra i processi di compromissione del Creato, innescati nel tempo dal suo "principe", e le iniziative di tutela o di risanamento assunte da parte di tutti quei soggetti che di fatto hanno sin qui gestito in regime di monopolio le politiche ambientali nella nostra Nazione. Che le hanno suggerite, indicate, condizionate e, in casi non rari, anche imposte. Che dalle più disparate postazioni, insomma, hanno determinato certe scelte.

Saldo negativo, dunque; perciò manifesta incapacità di affrontare in modo anche solo sufficiente, ed in prospettiva di importanza vitale, questioni delicatissime come quelle in trattazione.

Sorge, così, una domanda spontanea: quanti portano la responsabilità di tale fallimento possono pretendere di continuare, essi stessi, ad avere anche per il futuro il governo delle politiche ambientali in Italia?

No.

Credo, anzi e proprio al contrario, che a costoro si debba con immediatezza sostituire un nuovo e diverso personale che noi - e questo è il punto - ci candidiamo a rappresentare, ritenendo di essere pienamente legittimati a farlo in alternativa a tutti coloro i quali, da molteplici livelli di responsabilità e nelle diverse collocazioni sociali ed istituzionali, hanno fino ad oggi detenuto ogni potere decisionale, con gli sconfortanti risultati che tutti quotidianamente registriamo.

In questo campo c'è bisogno di serietà, competenza ed affidabilità, più che in ogni altro.

Ed è anche necessaria la capacità di convincere l'uomo che la natura non gli è avversa o indifferente, bensì tanto amica a tal punto correlata da consentirgli la vita.

Questo fondamentale obiettivo, però, si coglie solo se si è capaci di operare con grande equilibrio, senza mai dimenticare che gli esseri umani e tutto ciò che li circonda hanno una sola via di reciproca salvezza: quella dell'armonia.

Si sintetizza così, in una sola parola, anche il nostro programma di governo dell'ambiente.

                                                

                  Nino Sospiri

Trieste, una bomba ecologica

di TOMMASO MOLINARI

 

Un fiume di petrolio scaricato in mare, cumuli di ceneri di rifiuti solidi urbani e altri residui industriali accatastati su un'area grande quanto due campi di calcio. Una piattaforma artificiale formata da scorie tossiche alta sette metri, che galleggia a ridosso dell'area industriale di San Sabba di Trieste e che minaccia di naufragare per l'Adriatico. Ventisette anni di business, due lustri di temporeggiamenti, un ambiguo passaggio di proprietà, una bonifica parvenu e un clamoroso errore giudiziario. Poi, finalmente, le indagini, le verifiche degli esperti e lo studio di un serio piano di bonifica ambientale. Sono questi, in sintesi, gli elementi che tracciano il quadro del più grave caso di inquinamento ambientale scoperto in Italia in questo decennio, pari per gravità agli scandali di Porto Marghera a Venezia e alla discarica abusiva di Pitelli a La Spezia. Per risanare l'area occupata dalla ex raffineria della Esso, inaugurata dagli austriaci nel 1895 e rimasta attiva fino al 1989, non saranno sufficienti 20 miliardi. Sullo spiazzo dove fino a pochi anni fa erano collocati gli impianti di distillazione e i silos per lo stoccaggio del greggio, oggi sono visibili solo graminacee, cespugli di rovi e canne palustri. La fitta vegetazione spontanea affonda le radici nei fanghi tossici e per questo motivo assume un colore innaturale, spettrale. Il panorama è lunare: raccapricciante e privo di forme di vita. Attorno alla palude di veleni si scorge solo un via vai di tir che scaricano furtivamente rifiuti di ogni genere. L'area appare ecologicamente irrecuperabile ed è forse questa la causa per cui ogni tipo di crimine ambientale sembra tollerato, o perlomeno colpevolmente ignorato. Ad inaugurare il declino della piccola insenatura, un tempo lambita dalle acque limpide del golfo, è stata senza ombra di dubbio la Esso, la filiale italiana della multinazionale americana Exxon, che per anni ha sversato in mare migliaia di tonnellate di catrami acidi e terre decoloranti esauste (gli scarti di lavorazione utilizzati per la raffinazione del greggio e degli oli). Una pratica consentita e regolarmente autorizzata in due diverse concessioni dalla Capitaneria di porto di Trieste, nel 1953 e nel 1956, per un totale di 2.400 metri quadrati di mare adibito a discarica. Unici vincoli da rispettare: arginare adeguatamente la zona in modo da impedire la dispersione in mare aperto degli inquinanti e bonificare interamente il deposito temporaneo una volta che l'attività fosse stata dismessa. La piattaforma di veleni che si sono accumulati col tempo, invece, è ancora al suo posto e rischia di contaminare le falde acquifere, di disperdersi in mare aperto e nell'atmosfera spinta dai violenti venti di bora che si infrangono sulla costa triestina. Il primo a lanciare l'allarme  nel maggio del 1998 è stato Sergio Bisiani, responsabile per il Friuli Venezia Giulia di Ambiente e/è Vita. "Dalle analisi effettuate presso il laboratorio Ecocontrol di Pomezia (Roma), certificato Iso 9000 - dice l'ingegner Bisiani -, abbiamo scoperto che nel sottosuolo sono presenti ingenti quantità di nichel, cromo, vanadio, mercurio, arsenico, molibdeno, benzo-a-pirene, amianto, idrocarburi policiclici aromatici e diossine". Tutti prodotti ad elevato tasso di tossicità o cancerogeni.

 "Immediatamente - racconta Bisiani - ho presentato un esposto contro ignoti alla Procura di Trieste". L'inchiesta, però in un primo momento è stata archiviata "perché il fatto non costituisce reato" dopo un clamoroso errore giudiziario: invece di richiedere le analisi del terreno nell'area di San Sabba, il giudice ha chiesto di effettuare prelievi sull'aria attorno all'ex raffineria Esso. Ai chimici del Laboratorio Provinciale non è rimasto altro che certificare la salubrità dell'atmosfera.

Solo l'interrogazione parlamentare presentata al ministro dell'Ambiente dall'onorevole Nino Sospiri e la successiva denuncia dell'associazione alla Commissione bicamerale d'inchiesta sul Ciclo dei Rifiuti ha permesso di riaprire l'indagine. Dopo il blitz dei tecnici della Commissione lo scorso settembre, la Procura di Trieste ha aperto un nuovo fascicolo per individuare i responsabili del disastro ecologico. Questa volta a condurre l'inchiesta è personalmente il procuratore capo Nicola Pace, coadiuvato dal sostituto Tito. Braccio operativo delle indagini sono i carabinieri del Noe di Venezia, con l'ausilio degli esperti dell'agenzia regionale per l'ambiente (Arpa). Per ora non risultano iscritti sul registro degli indagati, ma al vaglio dei magistrati presumibilmente c'è soprattutto la vicenda della bonifica effettuata nel 1989 dopo la misteriosa scoperta di circa 40 fusti pieni di catrame nascosti sotto la bascula d'acciaio dove venivano pesati i camion prima di lasciare l'impianto carichi di benzina. Nel settembre di quell'anno l'Ente autonomo Porto di Trieste (che nove mesi prima ha acquistato dalla Esso per 4,5 miliardi l'intera area), scopre i bidoni di catrame e chiede alla società petrolifera un immediato intervento di bonifica. Il risanamento dell'area viene affidato ad una azienda  specializzata del settore per una spesa complessiva di poco superiore al miliardo. Un costo che sembra irrisorio per un'impresa complessa e che, soprattutto, lascia irrisolto il problema della grave contaminazione delle aree demaniali a suo tempo date in concessione. L'intera questione viene messa sotto coperta in attesa di tempi migliori. La denuncia di Ambiente e/è Vita scopre la pentola, ma mentre la magistratura cerca di individuare i responsabili del disastro, il rischio contaminazione diventa ogni giorno maggiore.

Nel corso degli anni l'intera area si è trasformata in una vera e propria discarica abusiva di ogni sorta di rifiuti, compresi i residui del vecchio inceneritore di rifiuti solidi  urbani del Comune (attivo fino ai primi mesi del 1999). Il mare è arretrato di più di 200 metri. Su questo campo di veleni è stata terminata da pochi mesi la costruzione del nuovo inceneritore e hanno sede diverse attività industriali. Con la poltiglia di catrame giocano i piccoli rom del vicino campo nomadi comunale. A rendere più complicata la bonifica, ci sono almeno 368 ordigni bellici che sono stati sganciati dai bombardieri francesi e inglesi durante la II Guerra mondiale e che sono affondati nel fango e nei catrami, in parte esplosi causando gravi contaminazioni delle falde sottostanti, in parte rimasti intatti con la loro carica detonante. Materiali che dovranno essere rimossi con la massima cautela.



Bonifica, quanto mi costi?

di ANACLETO BUSà

 

Il recente decreto ministeriale n.471 del 25.10.1999 pubblicato sulla G.U. del 15.12.1999, attua l'articolo 17 del Dlgs n.22/97 e detta le regole per i criteri, le procedure, le modalità, per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati. E' tale la complessità e la farraginosità di tale decreto, ad una prima lettura preliminare, che abbiamo intenzione di tornarci su a più riprese se ne avremo tuttavia la possibilità di assimilarlo e metabolizzarlo. E' bene ricordare che la nostra associazione, in più di una occasione, ha espresso il suo aperto dissenso sul decreto in fase di preparazione ed ancor di più, come vedremo, sulla inopportunità dell'articolo 17 che esso attua, introdotto con ostinazione in una legge, il Dlgs n.22/97, che regolamenta la gestione dei rifiuti. Abbiamo espresso pareri negativi come dicevamo, sia nelle sedi istituzionali (Audizione presso la VIII Commissione ambiente della Camera dei Deputati, interrogazioni parlamentari del nostro presidente on. Nino Sospiri), che in occasione di dibattiti e convegni.

Infatti, l'avere ancorato la bonifica di un sito contaminato agli standard di qualità senza associarvi, in maniera esplicita già nell'articolo 17, la valutazione di rischio, pone, a nostro avviso l'Italia in una posizione di retroguardia rispetto agli altri Paesi europei e d'oltre Oceano. L'approccio ci sembra infatti troppo rigido e pericoloso per chi si dovrà cimentare con le bonifiche; si potrebbe infatti verificare che, per un determinato uso alternativo del sito, il valore limite di legge associato sia troppo basso e quindi difficile da raggiungere se non a costi notevoli.

Meglio sarebbe stato se, in queste condizioni, effettuando una valutazione di rischio fondata su dati sperimentali, ci si fosse riferiti a limiti più ampi, avendo comunque garantito sperimentalmente un rischio accettabile per le popolazioni esposte e per l'ambiente.

Data la mancanza di specifiche esperienze in materia di siti contaminati nella gran parte degli uffici tecnici comunali chiamati ad approvare i progetti di bonifica, vi sono buone possibilità che i sindaci si ancorino rigidamente ai limiti di legge anche in quelle situazioni in cui tali limiti potrebbero applicarsi in maniera più ampia (a seguito appunto della valutazione di rischio). Il dissenso da noi espresso, per come sopra detto, si accompagna anche ad un grande rammarico che è quello di sapere relegata in un cantuccio, presso la VIII Commissione ambiente della Camera, la proposta di legge del nostro presidente on. Sospiri (presentata prima che venisse emanato il Decreto n.22/97 e quindi l'infausto articolo 17) discussa nell'ambito della stessa Commissione, approdata persino ad un comitato ristretto e poi congelata in attesa che il ministro Ronchi affibbiasse a tutti i costi il suo nome ad un altro caposaldo ambientale: quello delle bonifiche. La proposta Sospiri aveva il merito di porsi come "norma quadro" esclusivamente in materia di bonifiche e quindi non ancorata alla normativa dei rifiuti, in considerazione del fatto, che la contaminazione di un sito può essere originata da diverse sorgenti (piogge acide, utilizzo dissennato di pesticidi e fertilizzanti in agricoltura, contaminazione diffusa autoveicolare, perdite di prodotti organici ed inorganici da serbatoi e linee sia interrati che fuori terra, incidenti di trasporto di solventi e chemicals, etc).

La proposta inoltre si ispirava al doppio sistema di valutazione: standard di qualità dei suoli e valutazione del rischio e recepiva la filosofia delle linee guida dell' Unichim (Ente di Unificazione nazionale per la Chimica) elaborate da un apposito gruppo di lavoro (2 volumi in quattro anni di lavoro) di cui hanno fatto parte dal 1992 al 1996 i maggiori esperti nazionali sia pubblici che privati. Lavoro quello dell'Unichim, del tutto ignorato peraltro sia dal direttore generale del ministero dell'Ambiente Mascazzini, che dallo stesso gruppo di lavoro del ministero e dell'Anpa. Temiamo quindi, che nella realtà applicativa del decreto sulle bonifiche sicuramente ci toccherà assistere allo stesso copione del decreto legislativo in materia di rifiuti: quattro modifiche in tre anni, numerosi decreti attuativi ancora da emanare ed una situazione nazionale in cui l'illegalità aumenta anziché diminuire.

Ed intanto la classe imprenditoriale, quella seria e produttiva, invano chiede norme più chiare e maggior certezza del diritto.



Discariche a cielo aperto al centro della città

di SERGIO BISIANI

 

Dopo la denuncia di Ambiente e/è Vita sul sito contaminato dell'ex raffineria della Esso nel capoluogo friulano, i chimici dell'Agenzia nazionale protezione ambiente (Anpa) e quelli dell'Agenzia regionale (Arpa) hanno intensificato i controlli su tutta l'area di San Sabba e sulle zone industriali limitrofe. Per conoscere le strategie di controllo messe in atto dalle istituzioni e sapere come verrà affrontata l'emergenza abbiamo intervistato l'ing. Stellio Vatta, direttore del Dipartimento provinciale di Trieste dell'Arpa del Friuli Venezia Giulia.

Ingegner Vatta, quali sono i compiti istituzionali dell‘Arpa?

Attualmente abbiamo diversi progetti di ricerca su cui attualmente stiamo lavorando. In particolare, su mandato della Giunta regionale stiamo indagando su alcune zone vulnerabili da nitrati di origine agricola; in tal senso abbiamo avviato un programma pluriennale di collaborazione con l'Università di Udine. Nostro compito è quello di contribuire all'educazione ambientale e all'informazione pubblica sulla prevenzione dei rischi ambientali e sanitari; garantire un supporto tecnico agli enti locali in materie ambientali; provvedere al monitoraggio costante della qualità dell'aria nelle quattro provincie. Particolarmente importante è la campagna di monitoraggio del radon presente negli edifici scolastici di tutta la provincia che abbiamo attivato con una convenzione con l'assessorato all'Ambiente della provincia di Pordenone.

E per quel che riguarda più da vicino la situazione di Trieste denunciata da Ambiente e/è Vita? Visto che Lei ha partecipato ai sopralluoghi disposti dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sui Rifiuti, quale è il suo parere sull'intera vicenda ed in particolare sui vent'anni di silenzio che hanno preceduto la nostra denuncia?

Nel corso del sopralluogo insieme ai tecnici dell'Anpa, presenti - tra gli altri - i militari del Noe di Venezia, abbiamo potuto constatare l'avanzato stato di degrado e contaminazione del sito dovuto essenzialmente alla presenza di rilevanti quantità di residui catramosi e all'affioramento di idrocarburi.

E' in grado di anticiparci qualcosa sull'esito dell'indagine?

L'indagine da parte della magistratura - intesa a quantificare l'entità dell'inquinamento, la sua natura e le responsabilità - è tuttora in corso e quindi sono tenuto a mantenere il segreto istruttorio. Per ora il Dipartimento di Trieste e l'Arpa FVG stessa sono a disposizione dei magistrati per ogni attività che dovesse essere ordinata ai fini della bonifica del sito.

L'area ex Esso è solo uno dei siti industriali dismessi sui quali è necessario operare un'attenta bonifica, anche se in una situazione diversa, esiste il problema dell'ex raffineria Aquila, Le risulta che siano in atto verifiche sull'entità e l'estensione della contaminazione o che siano stati predisposti progetti di bonifica?

Nell'area dell'ex raffineria Aquila è stata demolita la quali totalità degli impianti, con la conseguente bonifica dell'amianto. Personalmente non sono a conoscenza di altri interventi e in ogni caso il sito è presidiato e monitorato in maniera continua onde evitare e prevenire qualsivoglia inquinamento ambientale.

 Trieste, ritenuta da sempre un'isola felice appare ogni giorno...meno felice. Tra le tante tristezze che deturpano le "bellezze di cielo e di contrada" cantate da Saba, sono le decine di piccole discariche abusive che invadono l'area di San Sabba e l'immediata periferia e persino certi quartieri del centro storico. E' il segnale della scarsa sensibilità dei triestini o della incapacità delle amministrazioni pubbliche preposte ai servizi di igiene urbana?

Fino al 1982 la normativa nazionale in materia di autorizzazione all'esercizio di discariche era del tutto assente. Pertanto è possibile che alcune delle microdiscariche che oggi vediamo possano essere nate prima; mentre altre, viceversa, sono il risultato sia di scarsa sensibilità dei cittadini (non solo dei triestini, ndr) che di carenza nei controlli. E' probabile che se venisse attuata una rigorosa politica di igiene urbana il fenomeno sarebbe perlomeno ridotto.      


Trieste e Pitelli, due casi gemelli

Ciò che è successo a Pitelli è ormai a conoscenza di tutti: la discarica, operante sin dal 1989 con autorizzazioni fasulle, con connivenze ed omissioni di ogni genere, ha fatto la fortuna di operatori senza scrupoli del calibro di Orazio Duvia, che hanno perpetrato ogni sorta di smaltimento di rifiuti pericolosi e non, in barba alle regole sulla sicurezza e sulla salvaguardia ambientale, con il risultato di compromettere in maniera irreversibile, riteniamo, una intera collina ricca di pregi naturalistici e paesaggistici a ridosso del golfo dei Poeti di La Spezia.

Veleni di ogni sorta, si è detto, e la discarica così ha avuto l'appellativo di "madre di tutte le discariche" che ha fatto il giro del mondo. Il merito di aver fatto scoppiare il "bubbone Pitelli" va senz'altro attribuito al Corpo forestale dello Stato, alla magistratura di Asti, ed in particolare, all'Associazione Comitati Spezzini per la salute e l'ambiente. Qualche risultato significativo si è già avuto e, dalle parole di Nicola Scarpato dell'Associazione Comitati spezzini, si coglie una certa soddisfazione nell'apprendere che finalmente il consiglio comunale di La Spezia risulta sotto inchiesta per abuso d'ufficio nell'ambito dei lavori di bonifica della discarica di Monte Montada, affidati alla stessa società De.Pe.Ti che aveva provocato la contaminazione di un sito assai vicino a quello di Pitelli, anzi da considerare parte integrante di quest'ultimo.

Chi oggi ha la possibilità di recarsi a Pitelli e fare il giro della collina, avvertirà che nell'aria è presente una varietà di miasmi provenienti dalle notevoli quantità di veleni interrati in ogni dove. Constaterà, inoltre con i propri occhi, che a valle della scarpata della discarica per eccellenza, quella cioè gestita dalla Sistemi Ambientali e ormai sotto sequestro, sono state costruite delle villette che si specchiano in un rio in cui scorre il percolato della discarica stessa mai captato dai gestori. Il clamore suscitato dal caso Pitelli, è assurto agli onori della cronaca e dei media in maniera giustificata, ma purtroppo ciò non accade per un caso assai simile; (quello del sito della ex raffineria Esso di Trieste).

Constatiamo infatti, fino ad oggi, un colpevole e vergognoso silenzio degli organi di informazione, se si eccettuano alcuni servizi sui media locali. Può definirsi questa come la "Par condicio dell'informazione"? Chiediamo al dott. Rovera conduttore della trasmissione Ambiente Italia, come mai, passando e stazionando a Trieste per un servizio sulla vecchia ferriera, non si sia interessato del "pantano catramoso" che si trova poco lontano da questa in linea d'aria. A Trieste non è ancora scoppiato il bubbone "modello Pitelli" in quanto è ancora agli inizi un'indagine della magistratura, dei NOE di Porto Marghera, dell'Arpa Friuli e della Commissione d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti. E' però assai strano che la Regione Friuli non abbia mai effettuato il censimento dei siti contaminati ai sensi del Dm del 15 maggio 1989 e che le autorità preposte al controllo ed al monitoraggio ambientale non si siano mai accorte che nel vecchio porto petroli in cui hanno operato per anni aziende di raffinazione e di stoccaggio di prodotti petroliferi, poco si sia fatto per evitare gravi contaminazioni ambientali anche nelle aree demaniali: intendiamo riferirci alla Esso e alla Total (al momento delle attività di raffinazione nota come Raffineria Aquila di Trieste) che hanno abbandonato i siti produttivi dismessi effettuando solo qualche operazione di bonifica di facciata, dopo aver rimosso soltanto le strutture fuori terra. C'è tanto degrado ambientale nell'ex porto petroli di Trieste su cui, chi indaga, avrà un gran da fare, ci auguriamo, con risultati positivi per la comunità locale.

 

A.B.



Notizie dalle sedi regionali

Sicilia

 

Il 25 novembre del 2000 ricorre il centenario della nascita di Gaetano Martino insigne statista ed uomo di scienza di origine messinese.

La città di Messina per l'occasione ha costituito un Comitato per i festeggiamenti del quale fanno parte istituzioni italiane, europee ed internazionali studiosi e uomini di cultura e  associazioni culturali tra cui anche la sezione di A/V di Messina.

A/V contribuirà ad onorare lo Statista presentando una monografia su "Gaetano Martino e S. Stefano Medio" sua terra di origine.

Essa descriverà le tappe più significative della sua vita e conterrà aneddoti sulla sua persona ricavati dai ricordi dei suoi compaesani.


Lazio

 

Proseguendo la collaborazione con il Liceo Scientifico Farnesina di Roma A/V ha avviato un corso didattico denominato "Progetto Tevere" che si svolgerà in due fasi.

All'attuazione della prima fase, che è consistita nella realizzazione di un ciclo di lezioni supportate da video e filmati, hanno preso parte alunni di licei scozzesi e tedeschi. Gli argomenti sviluppati hanno riguardato la storia del Tevere, il suo "uso", lo stato di contaminazione e le sue interconnesioni con l'Hinterland. 

Lo svolgimento della seconda fase del progetto sempre in collaborazione con scuole europee inizierà in febbraio. Gli studenti guidati da esperti di A/V faranno una serie di analisi chimiche in campo (alla foce del Tevere e presso Ponte Milvio) per verificare il livello di qualità delle acque del fiume. I risultati delle analisi saranno elaborati e presentati alle scuole europee coinvolte nel progetto le quali a loro volta svolgeranno analoghe indagini sui fiumi dei loro paesi.


Umbria

 

Nel periodo natalizio Ambiente e/è Vita dell'Umbria ha promosso ed organizzato a Perugia una raccolta di fondi da destinare a finalità benefiche.

Il ricavato proveniente dalle offerte di piantine è stato devoluto al centro immaturi del reparto pediatrico del Policlinico cittadino per contribuire all'acquisto di un ecografo.

L'iniziativa ha visto coinvolti una cinquantina di volontari per lo più ragazze e ragazzi, che in diversi punti della città hanno distribuito ai cittadini piante di abete poste in un sacchetto dove spiccava il trifoglio, logo di A/V.


 Friuli Venezia Giulia

 

La sezione regionale di A/V ha dato vita ad un progetto di educazione e sensibilizzazione ambientale attraverso il monitoraggio e l'archiviazione informatica dei parametri relativi all'inquinamento dell'aria, del suolo e delle acque superficiali con censimento e classificazione delle discariche abusive e dei siti contaminati presenti nella zona carsica della provincia di Trieste.

Il progetto che sarà articolato in più anni si avvarrà in alcune fasi e per gli specifici argomenti della collaborazione di alunni delle scuole medie cittadine e di quelle dei comuni minori della zona carsica.

Altre iniziative sono in fase di elaborazione per estendere anche all'ambiente marino e costiero analoghe forme di monitoraggio con il contributo dei circoli nautici, delle associazioni di pesca e dei sommozzatori.


Campania

 

La Segreteria Regionale della Campania, insieme al Responsabile Regionale Pina Cacciapuoti, ha organizzato, per i giorni 25, 26 e 27 febbraio 2000, a Sorrento (NA), un convegno nazionale sul tema "Ambiente e turismo: due risorse della Campania".

Al convegno presieduto dal Presidente nazionale dell'Associazione On. Nino Sospiri, saranno presenti relatori che illustreranno i vari problemi relativi all'argomento e le possibili soluzioni.

Il convegno, oltre che essere un incontro tecnico-scientifico, è anche un modo per interagire e confrontarsi con le problematiche delle altre regioni.

A margine del convegno vi sarà la riunione del Direttivo Nazionale dell'Associazione, allargato ai Responsabili Provinciali e Comunali, presieduto dall'On. Nino Sospiri, per fissare le linee programmatiche future, così come già è stato fatto per le Regioni Calabria e Sicilia.

CONVEGNO

Ambiente e Turismo: due risorse della Campania

Sede del convegno: Sorrento (NA)

Hotel Gardenia - Corso Italia, 258

Tel. 081.877.23.65

www.hotelgardenia.com.

Per Informazioni e prenotazioni:

Segreteria Organizzativa

06.67.91.316 Fax 06.67.80.749

Tel e Fax 081.894.20.76


Curiosità dal mondo

Astronauti e radiazioni

 

Esiste un sindacato degli astronauti? Forse è il momento di porsi il problema perché forse la salute della categoria non risulta molto tutelata. L'allarme e' stato lanciato dal National Research Council, il principale braccio operativo delle statunitensi National Academy of Sciences e National Academy of Engineering. Sembra infatti che per gli astronauti americani e russi impegnati nella costruzione della Stazione spaziale internazionale, l'esposizione ad alti livelli di radiazioni rappresenti un serio pericolo Le tempeste solari emettono raggi ad alta intensità di energia e gli astronauti interessati potrebbero essere esposti a singole dosi di radiazioni equivalenti a parecchie centinaia di raggi X utilizzati per le radiografie toraciche, superando dunque il limite di radiazioni consigliate per il breve periodo. La conseguenza e' un aumentato rischio di sviluppare tumori. La costruzione della Stazione é cominciata nel 1998 e dovrebbe terminare nel 2004, una cornice temporale che coincide appunto con la fase-picco del ciclo solare. Una soluzione potrebbe essere rappresentata dall'installazione di un dosimetro di elettroni, che aiuterebbe a determinare l'intensità dell'esposizione alle radiazioni misurando il numero di elettroni intorno alla stazione spaziale. Tale strumento avvertirebbe gli astronauti che lavorano all'esterno dell'astronave dell'aumento del livello delle radiazioni, permettendo loro di mettersi al sicuro all'interno del veicolo. Ma il tutto è ancora in fase di progettazione. A quando la firma di un contratto collettivo per i "lavoratori dello spazio"?


 

L'imballaggio  spray

 

Cari genitori, da oggi non dovete più preoccuparvi di scartare la merendina a vostro figlio. Un imballaggio plastico spray applicabile agli alimenti per la loro conservazione e che non occorre eliminare prima del consumo perché si può mangiare é stato messo a punto da una società canadese del Quebec, la BioEnvelop Technologies partendo dalle proteine del latte. E' stato fatto un esperimento sottoponendo una pizza napoletana ricoperta dal nuovo prodotto a dei commensali che non si sono neppure accorti di aver mangiato una margherita ancora confezionata nel suo "liquido bioplastico". Ma le virtù di questo imballaggio non si esauriscono qui perché, oltre alla conservazione di alimenti, lo spray può essere impiegato per migliorarne il sapore, integrando e trattenendo eventuali aromi artificiali. Anche il prezzo risulta altamente competitivo: circa 5.000 al litro, addirittura inferiore di mille lire al litro rispetto ai prodotti plastici derivati dal petrolio. Buon appetito!


 

Il Tamigi non è il Tevere

 

Il primo ad essere avvistato, dopo un'assenza di ben centocinquant'anni, è stato un cucciolo bianco di foca scortato dai propri genitori. Oggi si organizzano gite in barca per avvistare gli ormai numerosi esemplari che vivono nel fiume londinese. Dal 1979 ad oggi per bonificare il corso d'acqua sono stati spesi 1.500 miliardi ed oggi sono presenti circa un centinaio di specie animali, tra cui anguille, trote e salmoni, e perfino i delfini. Nel Tevere continuano a prolificare i nostri cari "sorci".Come dire: ognuno ha quello che si merita.


 

L'ambiente abbatte le barriere linguistiche

 

L'iniziativa adottata dal Consiglio nazionale delle ricerche italiano, l'Agenzia europea per l'ambiente (EEA), l'Agenzia per la protezione ambientale degli Usa (EPA) e il Programma ambiente delle Nazioni Unite (UNEP) è quella di dar vita ad un vocabolario multilingue. Lo scopo del progetto è abbattere le barriere linguistiche per lo scambio delle informazioni fra le nazioni. Sarà inoltre particolarmente utile per le ricerche di informazioni su Internet e costituirà la base dati per lo sviluppo di archivi di dati con accesso universale. Il CNR svolgerà il suo ruolo di leader a livello internazionale quale responsabile dello sviluppo del thesaurus multilingue.


 

I divieti? A Milano, Roma, ma non a Los Angeles

 

Randy Wittorp, un dirigente della Agenzia federale per la protezione dell'ambiente impegnato a combattere l'inquinamento a Los Angeles, ha dichiarato: "I divieti di circolazione rappresentano una misura estrema che ha solo effetti temporanei. In un'emergenza grave, può essere inevitabile. Ma noi non l'abbiamo mai adottata, perché, non appena il divieto cessa, il traffico riprende più intenso di prima. Ci siamo invece impegnati in una campagna di educazione del pubblico affinché lasci l'auto a casa. E abbiamo adottato misure per indurlo a farlo. Nelle nostre autostrade c'è una corsia privilegiata veloce per chi fa il "pool" nelle ore di punta, cioè per chi divide l'auto con altri. Abbiamo aperto parcheggi gratuiti alla lontana periferia per facilitare la cosa, riducendo così il numero delle auto in circolazione. E naturalmente abbiamo migliorato i trasporti pubblici. Le auto devono avere un sistema antismog che viene ispezionato ogni anno. "Noi italiani consoliamoci con le "domeniche verdi".

Con il musetto da porcino lo chiamano porcospino

di GUIDO LOMBARDI

 

Nella mezza luce del crepuscolo, tra i muschi e le foglie morte del sottobosco, una piccola ombra si muove furtiva.

Procede a scatti, fiuta l'aria, trotterella un poco più avanti, scava sotto il materiale in decomposizione, non trova nulla,  avanza sino al limitare del suo territorio di caccia, ritorna e cerca ancora  Finalmente una chiocciola, Finalmente una seppur magra ricompensa a tanto girovagare.

 Il riccio torna sui suoi passi, verso la sua tana, ma non smette di frugare, di scavare tra il muschio.

Si raccontano storie alterne sul pungente cacciatore: chi lo vuole benefico amico dell'agricoltore per il numero degli insetti di cui si nutre, chi feroce predone di uova, nidiacei e leprotti appena nati.

Mi sento tranquillo nell'asserire che, quali che siano i danni che può causare, di gran lunga superiori sono i vantaggi che ci derivano dalla sua abituale dieta a base di animaletti nocivi.

A vedersi, comunque, è assai grazioso: una piccola creatura rotonda come una palla, dalle zampine corte e pelose e dal musetto affilato dove spiccano, limpidi e vivaci, gli occhi.

Un musetto, a dire il vero, un poco porcino che gli è valso l'appellativo di "porcospino".

Peculiare nell'aspetto, in questa sua armatura spinosa nella quale si avvolge per difesa fino ad assumere  la dimensione e la forma di un grosso gomitolo, il riccio sollecitò la fantasia popolare, entrò di diritto a far parte dei personaggi allegorici delle "fabulæ" esopiane, destò l'interesse di Plinio che ci tramandò alcune sue presunte curiose abitudini.

Afferma il naturalista che i ricci raccolgono i frutti caduti dagli alberi rotolandovisi sopra ed infilzandoli con i lunghi aculei.

Operazione assai difficile e, comunque, improbabile anche per lo scarso interesse che essi nutrono per le sostanze vegetali, cui si rivolgono solo in casi di pressante necessità.

Quando ancora la sua classificazione era incerta, la chiesa di Spagna ne permise il consumo durante il periodo precedente la Pasqua (né carne né pesce, si direbbe oggi), tanto che il "riccio alla creta" divenne un piatto tradizionale proprio della Quaresima. Certo che nessuno vorrà cimentarsi nella preparazione di questa ricetta, peraltro ancora in voga in alcune località.

A questo proposito voglio raccontarvi cosa riesce ad escogitare l'uomo quando decide di affondare i denti in un bocconcino prelibato.

 Si legge in un'antica ricetta: "Il riccio deve essere completamente avvolto, involucro spinoso incluso, in una pasta di argilla e messo a cuocere direttamente sul fuoco sino a quando la crosta si sia perfettamente asciugata e indurita, Si spezza quindi l'involucro che porterà con sé tutti gli aculei divenuti ormai una inutile difesa, e lascerà l'animalino "nudo", pronto per essere mangiato".

In tempi ancora più remoti il sangue, gli escrementi e le interiora erano usati quali rimedi per numerose malattie.

Forse questa fede nelle sue proprietà medicinali derivavano dal fatto già noto che esso è immune, o quasi, al veleno della vipera.

Una tale resistenza ai morsi ripetuti di quell'essere, mortali per l'uomo, non poteva che significare all'occhio dei nostri antenati una natura sovrumana.

I romani facevano uso della pelle, completa di aculei, per cardare la lana; ma presto l'uso divenne abuso ed il senato stesso dovette intervenire per regolamentare la caccia ed il commercio dell'animale. Un'altra utilizzazione consisteva nel confezionare, sempre con la pelle, delle museruole da applicare al muso dei vitelli da svezzare: al primo approccio era la stessa madre a scacciare la pungente prole.

Se nell'antichità il riccio veniva considerato animale bonario ed amichevole, spesso addirittura intelligente, nello scorso secolo esso ebbe un rovescio di fortuna e divenne simbolo nefasto, apportatore di disgrazie.

La sua abitudine a raggomitolarsi su se stesso in posizione difensiva, si trasferì, allegoricamente, all'uomo schivo, sempre pronto a chiudersi nel proprio guscio.

Comportarsi "come un riccio"  è asociale, denota poca disponibilità verso il prossimo, ma forse è anche un segno di timidezza e di timore.


I microbi buoni distrutti da creme e saponi

di GIORGIO PULCINELLI§

 

La salute dell'uomo dipende strettamente dallo stato di equilibrio dinamico con il mondo dei microrganismi. Questi colonizzano parti specifiche del corpo sin dalla nascita svolgendo ruoli essenziali per la vita dell'organismo. Proprio nel momento della nascita avviene che il feto attraverso il canale del parto venga colonizzato da batteri: questa è la prima contaminazioni che permarrà per tutta la vita sulla pelle del neonato. La presenza costante della normale flora batterica crea un film protettivo che mantiene l'integrità della cute; per questo motivo quando per eccesso di igiene usiamo saponi, bagno schiuma e shampoo in maniera esagerata, svolgiamo un'attività antibatterica troppo intensa e selettiva che favorisce la sopravvivenza di microrganismi resistenti e patogeni (micosi cutanea). 

Stessa situazione si determina per le vie uro-genitali: l'uso di quantità smodate di detergenti intimi troppo aggressivi, altera gli equilibri dell'acidità vaginale, garantita dai Lattobacilli, e favorisce il diffondersi di infezioni da funghi (vaginiti da candida) con trasmissione al partner e reinfezioni ping-pong. Mucose da proteggere  sono anche quelle delle vie respiratorie, anch'esse subito contaminate dalla nascita dallo Streptococco Salivare.In certe circostanze (o per eccesso di zucchero della alimentazione o per calo delle difese immunitarie o per perdita di denti) queste mucose subiscono delle colonizzazioni batteriche che determinano stati patologici delle gengive e dei denti che, specialmente in presenza di cattiva igiene orale, provocano carie e  infezioni.

Quindi, bene l'uso dello spazzolino ma attenzione all'uso di colluttori troppo disinfettanti che selezionano microrganismi resistenti e patogeni. Parimenti il mondo microbico delle alte vie respiratorie, qualora da un lato vengano meno i suoi  sistemi di difesa e dall'altro insistano maggiormente certi fattori irritativi locali (fumo, smog, polveri e gas irritanti), vedrà il prevalere di un germe patogeno spesso esogeno che svilupperà malattie, molto spesso favorito dalla presenza infettante di un agente virale. 

Per ultimo, ma non meno importante, parliamo della microflora intestinale, che ugualmente contamina le mucosa dell'intero apparato digerente sin dalla nascita.

Un'alterazione del delicato equilibrio di tale mondo microbico scatena una patologia determinata da un innalzamento del protectiv Ph gastrico, da un uso eccessivo e prolungato di antibiotici e da ingestione di cibo particolarmente contaminato. Si assiste così ad uno spiazzamento degli abituali microbi fermentati in favore dell'impianto di massa da parte di una flora batterica putrefattiva patogena.

Dal canto suo l'organismo cerca sempre di mantenere quel delicato equilibrio microbico che gli è peculiare, allontanando l'eccesso di germi con la loro espulsione (il peso secco delle feci è per il 40 per cento rappresentato dalla presenza di batteri). 

D'altronde l'organismo ha bisogno della presenza dei suoi microbi buoni non solo per il buono stato del suo intero tratto intestinale, ma anche perché si producono vitamine essenziali del complesso B,PP,H,K.

Una alterazione di tutto questo complesso determina uno stato di malattie del digerente e del corpo intero: artrosi, meteorismo, stipsi, ulcera, diarrea, cancro del colon.

Perciò la protezione di tutto questo nostro microcosmo vivente, dipende unicamente da noi.

 Non esageriamo quindi con l'igiene che stermina i germi, ma alleiamoci con quei germi buoni che vivono in noi ed impariamo a vivere in equilibrio con essi.

 



Il cibo di Frankstein e la guerra alle multinazionali

di CESARE PATRONE

"Ritengo che ci sia qualcosa di più nobile del commercio, si chiama patria". Con questo semplice concetto il deputato americano conservatore Pat Buchanan ha riassunto la contestazione di Seattle sotto una luce che può sembrare riduttiva, ma che in realtà spiega in modo efficace le contraddizioni e le polemiche sorte attorno all'inarrestabile processo di globalizzazione che negli ultimi anni ha investito in maniera sempre più invasiva i mercati internazionali.

Lo scontro vede da un lato ecologisti e lavoratori, che difendono quelli che tecnicamente vengono chiamati i diritti produttivi e riproduttivi dall'invadenza delle multinazionali; dall'altro le multinazionali, che intendono avere mano libera sul commercio. Secondo il Wto, l'organizzazione internazionale che regolamenta gli scambi economici tra nazioni, ciascun paese "deve assicurare la conformità delle proprie leggi regolamenti e procedure amministrative agli obblighi assunti in sede di negoziato internazionale". Il Wto acquisisce una personalità giuridica tale da prevaricare i governi nazionali. Il punto cruciale è che con questo sistema vengono annullati i diritti produttivi e riproduttivi del pianeta. I primi intesi come forza lavoro, le fabbriche e le tecnologie che determinano il prodotto interno lordo; mentre i secondi sono rappresentati dalle risorse naturali ed i sistemi ecologici e idrici che permettono la vita sulla terra.

Ancora Buchanan riassume le tragedie provocate da un indiscriminato libero commercio: "Le nostre industrie si spostano all'estero, dove non devono pagare tasse e contributi, previdenziali, dove le normative ambientali sono molto più vaghe, dove i salari sono da fame. E chi ne fa le spese? Gli operai americani.

Ecco perché voglio fare di tutto per tenere i posti di lavoro qui in America". La rabbia degli ecologisti nei confronti del Wto è pienamente giustificata: questo organismo arriva a sostenere che in molti casi le misure di protezione ambientale sono barriere commerciali camuffate. E che quindi vanno spazzate affinché il commercio possa ingrandirsi nel mondo libero e sovrano!".

Particolare attenzione merita il discorso dei cosiddetti cibi transgenici (piante modificate in laboratorio con l'introduzione nei semi provenienti da altri organismi per trasformare le caratteristiche organolettiche del prodotto e adattarlo alle richieste dei produttori e alle esigenze dei consumatori ). Il Wto vuole la liberalizzazione e la libera vendita in Europa e nel resto del mondo di questi organismi geneticamente modificati (omg) che sono stati studiati e applicati  soprattutto dalle grandi multinazionali. L'Unione Europea fa resistenza facendo leva soprattutto sui possibili effetti negativi sulla salute. Si converrà che non è poco: questo basterebbe per metterci una pietra sopra all'intero progetto.

Riteniamo che non si debba sopportare oltre l'arrivo sui banconi dei nostri supermercati dei prodotti manipolati e crediamo più che mai etico il principio precauzionale europeo applicato anche per vietare l'importazione della carne americana agli ormoni. A nostro avviso l'ondata di scandali alimentari che ha investito il vecchio continente (anche tralasciando la questione dei cibi transgenici) rende indispensabile la creazione di un autorevole organismo europeo di controllo e certificazione. Una European Food Agency indipendente come auspicato anche dal presidente dell'Ue Romano Prodi.

Ma, di là di ogni ipocrisia, c'è un altro grande problema a carattere economico che non va sottovalutato. Gli Stati Uniti sono un colossale esportatore di prodotti agricoli e la patria dei protagonisti nel settore dei omg (Monsanto e  Di Ponti): un vero e proprio conflitto di interessi che giustifica ampiamente i timori europei di veder le leggi del mercato sopravanzare le sacrosante esigenze di tutela della salute dei cittadini. L'Europa verrebbe ulteriormente schiacciata, economicamente in una eventuale liberalizzazione e di accesso ai mercati europei dei omg.

Ci sembra una situazione assai scottante, da cui una volta tanto la pavida e decrepita Europa potrà chiamarsi fuori riparandosi dietro la giustificazione della tutela della salute e dell'ambiente.

                                                                                                             


Saracari, Nasi rossi e corse a vuoto. Ecco Carnevale

di ENRICO BORELLINI

 

E' morto il Carnevale, viva il carnevale! Destinata a rimanere solo negli album della memoria, la festa carnascialesca in Italia permane nella tradizione di poche piccole cittadine dove l'appuntamento con frizzi e lazzi viene di anno in anno rinnovato fino a diventare un colossal del divertimento. Una delle feste a un tempo meno seguite dai mass-media ma più apprezzate dagli spettatori è quella di Ronciglione. Nella piccola cittadina del viterbese la mascherata si ripropone ogni anno sempre più gonfia di umori esplosivi, come se un soggetto sociale massificato, docile e passivo, tenti di riscoprire la funzione del paradosso e del riso per rompere il guscio di comportamenti e categorie mentali standardizzati. Nella gioia collettiva si cerca una terapia da opporre alle tristezze del mondo moderno; nel gran teatro in cui tutti sono attori e insieme spettatori di se stessi ritorna l'illusione di una socializzazione piena. Il modello formale del baccanale ronciglionese è il carnevale romano del Risorgimento, dal quale ha ereditato anche le corse a vuoto (caratteristica corsa di cavalli senza fantino per le vie del paese). Il suono del campanone che apre la festa, le corse dei barberi, i carri allegorici, il rito dell'incoronazione della morte di carnevale con la fiaccolata finale, la mascherata dei "saracari" (gente che porta appeso a una canna un puzzolente saraco), sono tutti elementi che ritroviamo nell'antica festa urbana rinascimentale e che, simile, anche Goethe descriverà nel suo Viaggio in Italia. C'è una figura che attira l'attenzione di turisti e frequentatori: Naso rosso. Una maschera che, il lunedì, diventa la maschera di tutti i ronciglionesi e da' vita a quel singolare rituale detto "la pitalata". Vestiti con un bianco camicione da notte, i Nasi rossi calano come un esercito sulla piazza, un inno al vino ('a chè l'acqua è fatta pe i perversi, il diluvio lo mostrò), rincorrono gli spettatori, salgono con scale sui balconi, entrano nelle case per offrire sadicamente i rigatoni che tengono caldi in un vaso da notte.  La maschera ha qualche parente all'estero. Un personaggio simile lo troviamo nel carnevale parigino. E' il cosiddetto Chie en-lit (caca nel letto) che veste una camicia da notte imbrattata di escremento. E in Russia, nei lubok - quadretti raffiguranti scene di vita popolare - Naso rosso (Krasnoi nos) è rappresentato con un naso gibboso e con il camicione imbrattato di... feci (poly stany nabs...). Tuttavia, questa singolare figura di ubriacone che sale dal mondo sotterraneo delle cantine per portare abbondanza di vino e di cibo, non si spiega se non si tiene presente quella particolare visione del mondo che la cultura popolare ha espresso nel carnevale, quando la festa era rito agrario di propiziazione della fecondità. L'offerta dei maccheroni nel vaso da notte non ha il significato banalmente fisiologico che oggi le si può assegnare. L'ambiguo accoppiamento escremento/cibo mostra, simbolicamente, che tra natura in decomposizione e natura vivente si voleva stabilire un profondo legame proprio nel momento della festa, nel tempo in cui la natura è morta e il seme generatore sepolto nella terra deve essere risvegliato al fine di ricostruire indissolubile il ciclo naturale di morti e rinascite. Naso rosso è figlio di questa visione del mondo, di un rito celebrato, in realtà, per esorcizzare la paura della morte e per affermare la continuità dell'avvicendamento e delle trasformazioni della natura. L'ambiguità, l'ambivalenza di Naso rosso deriva appunto dal legame che si voleva stabilire fra due contrari, fra opposizioni come escremento/cibo, sterilità/abbondanza, corruzione/rigenerazione, morte/vita. Ambivalenza che racchiude in sé la prospettiva della negazione che è in tutti i simboli e rituali carnevaleschi: il rituale del buffone incoronato re della festa, le figure scelte per contrasto (alto/basso, grasso/magro...), il travestimento, l'uso degli abiti alla rovescia, l'uso di utensili come armi e così via. Ambivalenza  che, del resto, caratterizza la stessa comicità carnascialesca in cui si uniscono derisioni (negazione) e giubilo (affermazione). Nella figura  simbolica di Naso rosso possiamo dunque ritrovare il senso di un carnevale antico, ormai lontano dai nostri pensieri, forse incapaci di una verità che sappia negarsi e ridere di se stessa. Il consumo del riso e della gioia si è dilatato oltre quel tempo denso e circoscritto della festa in cui trovava sfogo una forte carica vitale. Altro è, oggi, il trascorrere dei giorni e delle opere. E, di fatto, la festa moderna è la maschera, apparente ed esterna, di se stessa. Una festa che non nasce più da bisogni incoercibili, dalla violenza del desiderio, dalle lacerazioni del quotidiano.

Una festa che ormai può solo solleticare la delizia neopopulista del turista a caccia di tradizioni popolari.

 


L'uomo al centro del sistema ambiente


Ambiente e/è Vita persegue, come è noto, l'obiettivo di porre l'Uomo al centro del sistema ambiente, estendendo il concetto di ambiente al di là di un mero rapporto naturalistico/animalistico per investire ed includere in esso tutte le possibili tipologie e configurazioni del territorio e tutte le attività su di esso esercitate.  Per raggiungere tale fine è indispensabile che i cittadini siano partecipi delle scelte politiche che vanno ad influire sul proprio futuro e, per poterlo fare, devono essere informati e formati: in altri termini devono conoscere il territorio su cui vivono ed operano, le sue criticità, la sua storia, le sue tradizioni e le valenze culturali che possiede e rappresenta. Si rende così necessario un grado più alto di consapevolezza, di conoscenza e di educazione rispetto al passato, dato che lo sviluppo armonico ed integrato dell'uomo con l'ambiente non è più garantito dall'istinto, ma diventa oggetto di scelta razionale e quindi di responsabilità politica.

Con questa convinzione A/V ha partecipato nel mese di dicembre all'iniziativa promossa dalla Provincia di Trieste denominata "Mondo Futuro". Anche se il tema proposto era quello delle prospettive occupazionali giovanili nel settore dell'ambiente, non abbiamo voluto citare leggi, articoli, commi e  paragrafi. I giovani di oggi avranno tempo nel loro futuro di dibattersi e  di rimanere soffocati nel marasma giurisprudenziale e normativo italiano. Avranno modo di leggere leggi astruse che hanno il solo scopo di dare spazio ai mille azzeccagarbugli. Noi abbiamo preferito parlare d'altro per cercare di inquadrare alcuni concetti basilari che riteniamo fondamentali per avviare qualsiasi altro discorso che si riferisca all'ambiente. Abbiamo deciso di non suggerire nemmeno specifiche attività; abbiamo preferito affidare ad un modesto pieghevole l'indicazione di riferimenti sui quali i giovani, con la loro volontà e fantasia, potessero lavorare scegliendo tra alcuni siti Internet i quali, opportunamente visitati, consentono di individuare sia possibili sviluppi di tipo scolastico e formativo che possibili sbocchi imprenditoriali e professionali, tutti riconducibili al settore dell'ambiente ... ma non solo. E' stato distribuito un questionario mettendo a disposizione le nostre strutture locali e nazionali per dare risposta ed ogni possibile informazione su come e con quali supporti e contributi comunitari, nazionali, regionali si possa avviare una nuova attività che sia riconducibile al recupero dell'ambiente, alla difesa del territorio o a forme di produzione che si inquadrino nei principi dello sviluppo sostenibile.

Durante la manifestazione abbiamo incontrato gli studenti delle scuole medie superiori, quei giovani che a breve dovranno scegliere tra il proseguire gli studi a livello universitario o affrontare il mondo del lavoro. A questi giovani abbiamo voluto parlare del nostro progetto per la "Qualità della Vita", ossia quel progetto che intende presentare l'ambiente, con le sue valenze e le sue criticità, come l'insieme  di tutte le forme di comportamento dell'uomo e della sua relazione con il territorio. Volevamo evidenziare come gli effetti di un rapporto sbagliato con l'ecosistema abbiano come derivate dirette danni ambientali, ma anche danni economici, compromissioni di attività produttive, patologie psicosomatiche da stress, patologie croniche ed acute. Quindi esiste un fattore sinergico tra ambiente, sicurezza economica e salute, e dove manca la salute e la sicurezza nel futuro manca la qualità della vita e aumentano i costi. Si è voluto far capire che non c'è settore della nostra quotidianità individuale e collettiva  che non interagisca con l'ambiente.

Allora abbiamo lanciato un messaggio per dire ai giovani che qualità della vita vuol dire poter uscire alla sera nelle nostre città senza angoscia, vuol dire una vita senza droghe o psicofarmaci.

Qualità della vita vuol dire anche respirare aria pulita, senza benzene, senza gas nocivi. Vuol dire non essere assordati da rombi di motori, motorini, autobus e macchine. Fare il bagno in un mare esente da catrame e mucillagini. Mangiare prodotti non artificiosamente manipolati o sottoposti a pesticidi.

Qualità della vita, e forse era il messaggio più importante che volevamo dare, è trovare valori e ideali in cui credere, saperli difendere, rischiare per essi perché, come ha scritto Ezra Pound, se l'uomo non rischia per le proprie idee o non valgono nulla le sue idee oppure è lui a non valere nulla!

S.B.



Palermo, arte e tradizioni

di GIUSEPPE GENNARO

In un straordinario contesto espositivo, la sede regionale siciliana dell'Associazione "Ambiente e/è Vita", sono state presentate, a Palermo, opere tra le più significative di pittrici palermitane di chiara fama in amalgama con una sintesi dei mirabili "Archi di Pasqua", di S. Biagio Platani.

La commistione fra queste forme d'arte così differenti tra loro crea un singolare e suggestivo scenario, dove si contendono lo spazio luci, ombre e colori; dove le radici più remote di noi stessi si intrecciano verso il futuro; e da dove passano nell'animo intense emozioni che vengono da lontano: in un momento di intensa bellezza.

L'esposizione curata dalla dott.ssa Angela Mazziotta, responsabile regionale dell'Associazione, presenta manufatti della Confraternita Madunnara di S. Biagio di rara bellezza: "archi" e variopinte formelle e fantasie di pane di ogni tipo, dimensione, soggetto; "nimpe" spettacolari e di indescrivibile bellezza; fantastici mosaici i cui tasselli sono costituiti da fave, ceci, piselli, fagioli trattati con straordinaria maestria. Contemporaneamente, e nello stesso contesto, vengono esposte opere delle pittrici palermitane: Maria Grazia Bertucci, Anna Maria Brucato Sarzana, Rosetta D'Alessandro, Francesca di Caepinello, Beatrice Feo, Laura Giambarresi, Caterina Gorgone, Laura Natangelo, Giusy Olivieri, Valentina Piro, Arianna Quadrio; Fulvia Reyes Petrotta, Anna Santoro e Anna Torregrossa.

Per la prima volta è stata così esposta in mostra a Palermo una della tradizioni più antiche e spettacolari di Sicilia; gli Archi di Pasqua di S. Biagio Platani, paese montano dell'Agrigentino.

Nei secoli bui fu, infatti l'Arco, simbolo antico del trionfo laico, ad essere prescelto dai Sanbiagesi per l'osannazione del trionfo del Risorto sulla morte.

Con gusto spagnoleggiante ed interpretazione contadina e paganeggiante del mistero religioso, si vollero addobbare gli archi trionfali con i doni che la terra offre all'Uomo quando essa pure risorge dalla morte del lungo inverno:  cereali,  legumi, frutta,  fiori  e fronde e, soprattutto pane, pane e pane, in una elaborazione che divenne di anno in anno sempre più composita e ardita.

Antichi valori pagani, cristiani, feudali, spagnoli, siciliani che si trovano intatti ancor oggi negli "Archi" sotto i quali l'incontro tra il Cristo Risorto e la Madonna è tripudio e speranza di una intera comunità.

Singolarissimo, nella mostra espositiva, il raffronto immediato tra queste incredibili realizzazioni di una antichissima e tradizionale arte popolare e le raffinatezze della colta arte pitto