12-11-2005 12:40
Mobilitą sostenibile
Il concetto di "sviluppo sostenibile" è, forse in assoluto, la più importante innovazioni, in termini di politica ambientale, scaturita dalla Conferenza di Rio de Janeiro.
La commissione Burtland lo definì come "lo sviluppo che soddisfa le esigenze del presente senza compromettere la possibilità delle future generazioni di soddisfare le proprie necessità".
Tale concetto con il tempo si è andato ampliando ed ha trovato applicazione ed adattamento in vari settori delle attività umane.
In particolare, in questi giorni si fa un gran parlare di "mobilità sostenibile". L'Agenda 21, il programma di azioni scaturito dalla stessa Conferenza di Rio, fissa come criteri di sostenibilità per il sistema dei trasporti: il livello di sicurezza, l'efficienza energetica, l'emissioni in atmosfera, l'efficacia dei sistemi di trasporto (in termini di costi) e l'integrazione fra strategie di gestione del territorio e strategie di pianificazione dei trasporti.
In realtà l'esigenza di rispondere adeguatamente ad una domanda in continua crescita ha comportato un incremento esponenziale del sistema gommato il quale, si sa, comporta un forte impatto sull'ambiente. Sono stati così disattesi completamente i criteri anzicitati.
L'esigenza di giungere, in tempi brevi, all'attuazione di una mobilità che abbia un impatto ambientale accettabile, che utilizzi risorse comunque rinnovabili, è riconosciuta, quindi, a livello mondiale. Da noi, però, tale esigenza è divenuta particolarmente stringente.
A differenza di altri paesi, in Italia, è presente una situazione particolarmente sfavorevole alla gestione di un sistema dei trasporti che salvaguardi le risorse ambientali. Infatti, la crescita della domanda di mobilità, con valori medi del 4,5% l'anno, non ha trovato risposte adeguate in termini di sviluppo della infrastrutture maggiormente ecocompatibili. Le poche risposte rese, sono da una parte la realizzazione di talune arterie stradali e, dall'altra, l'immissione sul mercato di auto sempre più confortevoli e accattivanti che, unitamente agli inesistenti investimenti sui sistemi alternativi, hanno, di fatto, incentivato l'uso del mezzo gommato.
Più inquinamento, più congestione, maggiori costi, maggiore occupazione dei suoli, impatto sul paesaggio, più morti e feriti.
Qualcuno ha affermato, in questi giorni post bellici, che sono più i morti dovuti agli incidenti stradali di quelli registrati durante le guerre dell'Iraq e dell'Afganistan. Se queste rivelazioni rispondo al vero in generale, risultano ancor più calzanti in Italia ove si continua a registrare un aumento dei morti per incidenti stradali, completamente in controtendenza rispetto ai valori registrati negli altri paesi europei.
Nel nostro Paese, ancor più che negli altri paesi dell'Europa, la gran parte della popolazione vive e lavora nelle città.
L'80% degli spostamenti avviene con l'auto e di questi il 70% avviene in ambiente urbano!
Ne consegue che, il 40% dei consumi e della produzione di CO2 sono dovuti al traffico urbano!
Ma, a differenza della Francia, della Germania, del Regno Unito ed, oggi, della stessa Spagna, nelle nostre città è sostanzialmente assente una rete di trasporto su ferro efficace.
Ciò che agli inizi degli anni '50 era un lusso, per taluni un vezzo, l'automobile, da noi oggi è, per tutti, un bene primario indispensabile per la vita di tutti i giorni.
In qualche maniera si va cercando, da alcuni anni, di ovviare a tale incongruenza, sviluppando il servizio di trasporto ferroviario metropolitano e regionale ma le peculiarità tecniche di questo sistema, in relazione agli indici di crescita della domanda di mobilità cittadina e del bacino afferente, non permette di recuperare quote di mercato sul sistema gommato, consentendo l'inversione di tendenza necessaria al settore. I valori registrati a Milano ed a Roma, ove hanno fruito dei servizi prodotti dalla Regione Lazio e da Trenitalia 257 mila passeggeri nell'ultimo anno rispetto ai 144 mila del 1993, pur se intrinsecamente positivi, per i risvolti ambientali che comportano (minore uso delle auto private con tutto quel che ne consegue) dimostrano che sono necessari interventi, anche di carattere urbanistico, ben più radicali ed incisivi.
Anche il limitato potenziamento della rete stradale, realizzato negli ultimi anni, non riesce a dare risposte adeguate ed i costi che vengono pagati quotidianamente, in feriti e vite umane spezzate per una rete viaria inadeguata, sono sempre più elevati.
La latitanza politica in tema di trasporti, degli ultimi trenta anni, ha portato ad una situazione che vede 9 mila morti nel corso del 2002 e 30 miliardi di euro l'anno il costo sociale dovuto agli incidenti stradali!
Il governo in carica si è assunto la responsabilità di iniziare il lungo cammino, pieno di ostacoli culturali, economici e legislativi, che porta alla mobilità sostenibile.
È necessario, da una parte passare dalla politica dei divieti a quella dell'incentivazione a comportamenti virtuosi, mentre nel contempo agire in profondità sull'informazione e sull'educazione ambientale.
Riformare un sistema legislativo confuso, nebuloso e spesso incoerente, fondato sulla repressione e la punizione anziché sulla prevenzione.
Bisogna istaurare un dibattito con le importanti e trasversali cordate economiche legate alla catena del petrolio, che conduca all'individuazione di un percorso vantaggioso per il Paese.
Economicamente ed ambientalmente.
Occorre un forte impegno economico per rinnovare e rivoluzionare una rete d'infrastrutture dei trasporti carente, poco sicura ed efficiente, con costi ridotti per l'utente, ma, soprattutto, poco ecocompatibili. Il potenziamento delle reti metropolitane delle grandi città, l'ammodernamento e lo sviluppo della rete ferroviaria (soprattutto quella che serve le medie e grandi province), il potenziamento del sistema ferroviario dei valichi alpini e l'ammodernamento delle grandi arterie stradali, rappresentano, in ordine di priorità, gl'investimenti necessari da attuare che ci permetteranno di giungere ad un sistema di mobilità realmente sostenibile, anche per i nostri figli.
La commissione Burtland lo definì come "lo sviluppo che soddisfa le esigenze del presente senza compromettere la possibilità delle future generazioni di soddisfare le proprie necessità".
Tale concetto con il tempo si è andato ampliando ed ha trovato applicazione ed adattamento in vari settori delle attività umane.
In particolare, in questi giorni si fa un gran parlare di "mobilità sostenibile". L'Agenda 21, il programma di azioni scaturito dalla stessa Conferenza di Rio, fissa come criteri di sostenibilità per il sistema dei trasporti: il livello di sicurezza, l'efficienza energetica, l'emissioni in atmosfera, l'efficacia dei sistemi di trasporto (in termini di costi) e l'integrazione fra strategie di gestione del territorio e strategie di pianificazione dei trasporti.
In realtà l'esigenza di rispondere adeguatamente ad una domanda in continua crescita ha comportato un incremento esponenziale del sistema gommato il quale, si sa, comporta un forte impatto sull'ambiente. Sono stati così disattesi completamente i criteri anzicitati.
L'esigenza di giungere, in tempi brevi, all'attuazione di una mobilità che abbia un impatto ambientale accettabile, che utilizzi risorse comunque rinnovabili, è riconosciuta, quindi, a livello mondiale. Da noi, però, tale esigenza è divenuta particolarmente stringente.
A differenza di altri paesi, in Italia, è presente una situazione particolarmente sfavorevole alla gestione di un sistema dei trasporti che salvaguardi le risorse ambientali. Infatti, la crescita della domanda di mobilità, con valori medi del 4,5% l'anno, non ha trovato risposte adeguate in termini di sviluppo della infrastrutture maggiormente ecocompatibili. Le poche risposte rese, sono da una parte la realizzazione di talune arterie stradali e, dall'altra, l'immissione sul mercato di auto sempre più confortevoli e accattivanti che, unitamente agli inesistenti investimenti sui sistemi alternativi, hanno, di fatto, incentivato l'uso del mezzo gommato.
Più inquinamento, più congestione, maggiori costi, maggiore occupazione dei suoli, impatto sul paesaggio, più morti e feriti.
Qualcuno ha affermato, in questi giorni post bellici, che sono più i morti dovuti agli incidenti stradali di quelli registrati durante le guerre dell'Iraq e dell'Afganistan. Se queste rivelazioni rispondo al vero in generale, risultano ancor più calzanti in Italia ove si continua a registrare un aumento dei morti per incidenti stradali, completamente in controtendenza rispetto ai valori registrati negli altri paesi europei.
Nel nostro Paese, ancor più che negli altri paesi dell'Europa, la gran parte della popolazione vive e lavora nelle città.
L'80% degli spostamenti avviene con l'auto e di questi il 70% avviene in ambiente urbano!
Ne consegue che, il 40% dei consumi e della produzione di CO2 sono dovuti al traffico urbano!
Ma, a differenza della Francia, della Germania, del Regno Unito ed, oggi, della stessa Spagna, nelle nostre città è sostanzialmente assente una rete di trasporto su ferro efficace.
Ciò che agli inizi degli anni '50 era un lusso, per taluni un vezzo, l'automobile, da noi oggi è, per tutti, un bene primario indispensabile per la vita di tutti i giorni.
In qualche maniera si va cercando, da alcuni anni, di ovviare a tale incongruenza, sviluppando il servizio di trasporto ferroviario metropolitano e regionale ma le peculiarità tecniche di questo sistema, in relazione agli indici di crescita della domanda di mobilità cittadina e del bacino afferente, non permette di recuperare quote di mercato sul sistema gommato, consentendo l'inversione di tendenza necessaria al settore. I valori registrati a Milano ed a Roma, ove hanno fruito dei servizi prodotti dalla Regione Lazio e da Trenitalia 257 mila passeggeri nell'ultimo anno rispetto ai 144 mila del 1993, pur se intrinsecamente positivi, per i risvolti ambientali che comportano (minore uso delle auto private con tutto quel che ne consegue) dimostrano che sono necessari interventi, anche di carattere urbanistico, ben più radicali ed incisivi.
Anche il limitato potenziamento della rete stradale, realizzato negli ultimi anni, non riesce a dare risposte adeguate ed i costi che vengono pagati quotidianamente, in feriti e vite umane spezzate per una rete viaria inadeguata, sono sempre più elevati.
La latitanza politica in tema di trasporti, degli ultimi trenta anni, ha portato ad una situazione che vede 9 mila morti nel corso del 2002 e 30 miliardi di euro l'anno il costo sociale dovuto agli incidenti stradali!
Il governo in carica si è assunto la responsabilità di iniziare il lungo cammino, pieno di ostacoli culturali, economici e legislativi, che porta alla mobilità sostenibile.
È necessario, da una parte passare dalla politica dei divieti a quella dell'incentivazione a comportamenti virtuosi, mentre nel contempo agire in profondità sull'informazione e sull'educazione ambientale.
Riformare un sistema legislativo confuso, nebuloso e spesso incoerente, fondato sulla repressione e la punizione anziché sulla prevenzione.
Bisogna istaurare un dibattito con le importanti e trasversali cordate economiche legate alla catena del petrolio, che conduca all'individuazione di un percorso vantaggioso per il Paese.
Economicamente ed ambientalmente.
Occorre un forte impegno economico per rinnovare e rivoluzionare una rete d'infrastrutture dei trasporti carente, poco sicura ed efficiente, con costi ridotti per l'utente, ma, soprattutto, poco ecocompatibili. Il potenziamento delle reti metropolitane delle grandi città, l'ammodernamento e lo sviluppo della rete ferroviaria (soprattutto quella che serve le medie e grandi province), il potenziamento del sistema ferroviario dei valichi alpini e l'ammodernamento delle grandi arterie stradali, rappresentano, in ordine di priorità, gl'investimenti necessari da attuare che ci permetteranno di giungere ad un sistema di mobilità realmente sostenibile, anche per i nostri figli.