12-11-2004 12:46
Stop alle "carrette" del mare
I nostri mari sono minacciati da killer giganteschi e, tuttavia, molto discreti. Viaggiano silenziosi, al riparo dei nostri occhi e palesano la loro presenza solo quando si rendono protagonisti di distruzioni di immensa portata. Non stiamo parlando di mostri marini o malvagi leviatani, ma delle cosiddette "carrette del mare". Navi vecchie non in linea con gli standard di sicurezza internazionali, che rappresentano attualmente la principale minaccia all'ambiente marino e non solo. La più pericolosa categoria di carrette del mare è quella delle petroliere di vecchio tipo, a scafo unico. Vere e proprie lattine galleggianti che, in caso di incidente, vomitano in acqua senza possibilità di scampo veleni di ogni genere. Queste navi sono molto amate dalle grandi compagnie petrolifere perché il loro nolo costa di meno rispetto a quello delle navi più moderne. Poco importa se poi questo risparmio si traduce in terribili danni per la natura e per le persone. L'esempio della Prestige, affondata lo scorso dicembre al largo della Galizia, è paradigmatico. Migliaia di tonnellate di greggio riversate su 500 chilometri di costa, dalla Spagna alla Francia, con danni irreparabili per la fauna e la flora locali, affogate sotto un'immensa marea nera di sostanze cancerogene e mutagene. Un ecosistema irrimediabilmente distrutto e la vita di decine di migliaia di persone cambiata per sempre, in modo drammatico: basti pensare a tutti i pescatori che hanno perso la loro unica fonte di sostentamento, o a tutti coloro che per generazioni vivranno davanti al desolante spettacolo delle spiagge annerite dal petrolio. E tutto questo a causa di una nave che non era abbastanza sicura per navigare, eppure navigava.
Per fortuna, la terribile portata del disastro della Prestige sembra aver smosso le coscienze degli Stati europei, che in modo molto veloce si stanno attrezzando per dichiarare guerra alle petroliere assassine. In prima linea, l'Italia, che lo scorso marzo ha varato un Decreto interministeriale che interdice l'ingresso nei porti italiani alle petroliere non in linea con i più avanzati criteri di sicurezza. In particolare, il provvedimento, firmato dal Ministero dell'Ambiente e da quello delle Infrastrutture e dei Trasporti, riguarda tutte le navi cisterna a scafo singolo con più di 15 anni di età e una portata superiore alle 5.000 tonnellate. Queste navi non potranno più entrae nelle nostre strutture portuali e, quando saranno in navigazione nei nostri mari, potranno essere soggette a minuziosi controlli. L'iniziativa italiana, in linea con la direttiva europea "Erika2", è simile a quelle adottate da altri Paesi come la Spagna e la Francia. L'obiettivo non è solo quello di tenere lontano dalle nostre coste le navi più malandate (l'UE ha già stilato una lista di 66 "bombe ecologiche" in navigazione nei mari europei), ma anche quello di stimolare la costruzione di nuove petroliere a doppio scafo, più sicure perché in caso di incidente è meno probabile la fuoriuscita di greggio. Un grosso passo avanti è rappresentato anche dal fatto che il Decreto è stato accompagnato dalla firma di un accordo tra Italia, Croazia, Slovenia, Jugoslavia e Albania che, a partire dal 1° luglio 2003, vieta il transito attraverso l'Adriatico a tutte le navi di qualsiasi nazionalità che trasportano carichi pericolosi o inquinanti. Una vera e propria svolta, che traduce in termini politici la consapevolezza sempre più diffusa che non c'è possibilità di affrontare i problemi ambientali senza la volontà di uno sforzo comune.