6-01-2004 18:02
SVOLTE NELLA POLITICA ENERGETICA DEL GOVERNO
Le chiamano alternative, perché sono fonti energetiche complementari, e non sostitutive a quelle tradizionali. Per produrre energia sfruttano la cosiddetta "forza della natura": quella del sole, del vento, delle correnti e delle maree. Ma nella categoria delle fonti alternative rientrano di diritto anche i rifiuti urbani, quelli industriali, il legno, persino il granturco. Sono complementari perché l'utilizzo esclusivo di queste fonti non coprirebbe il fabbisogno energetico neppure di un paese dalle medie dimensioni come l'Italia.
Ciò avviene per almeno tre principali motivi: da un lato il progressivo, generale aumento della domanda energetica, che si prevede si verificherà da qui ai prossimi 20 anni (aumento stimato pari al 15% del consumo medio annuo nel 2010 e al 20% nel 2020). In secondo luogo, perché le fonti alternative - essendo ad emissioni di carbonio nulle - svolgono un ruolo decisivo nell'impegno preso da molti paesi sviluppati nel ridurre l'aumento delle emissioni di CO2. Infine, l'importanza di queste fonti risiede nella loro stessa natura. Oltre che alternative, infatti, sono anche rinnovabili o addirittura inesauribili (il calore del sole, la forza delle acque o dei venti) ed hanno - al contrario della fonti tradizionali che, pur contribuendo per l'80 per cento alla produzione di energia, sono progressivamente soggette ad esaurimento - una capacità di rigenerazione biologica o fisica di breve tempo, a meno di uno sfruttamento inflitto ad un ritmo maggiore rispetto al processo di rigenerazione,
Nel 2000, il 13,8 per cento dell'energia prodotta al mondo derivava da fonti rinnovabili. Entrando nello specifico, questa percentuale risultava così ripartita: l'11 per cento dell'energia era prodotta da biomassa e rifiuti, il 2,3 per cento da energia idroelettrica, una percentuale pari allo 0,5 per cento dalle altre fonti energetiche alternative: quella eolica, la geotermica, l'energia prodotta da maree, l'energia solare. Ma una previsione realizzata dall'Agenzia internazionale per l'energia (IEA) da qui al 2030 ritiene che l'utilizzo di fonti rinnovabili andrà diminuendo, in percentuale relativa, rispetto all'utilizzo di fonti non rinnovabili. Vale a dire che se tra dieci-venti-trent'anni aumenterà la domanda energetica, l'utilizzazione di fonti alternative diminuirà in proporzione rispetto a quella delle tradizionali, passando dal 13,8 per cento del 2000, al 13,3 del 2010, al 12,9 del 2020 e al 12,5 del 2030. La previsione IEA inverte la sua tendenza generale, invece, quando guarda ai paesi dell'OCSE, dove è prevista una crescita delle fonti energetiche alternative ad un tasso annuo il più elevato in assoluto.
Negli Stati Uniti, nel 2000, l'8% della produzione elettrica veniva da fonti rinnovabili. Il totale della produzione elettrica era pari 4000 TWh e la percentuale di incidenza delle rinnovabili sulla domanda totale di energia primaria era pari al 4,8%. Tutt'altra situazione quella del continente africano, in cui la percentuale di incidenza delle rinnovabili sulla domanda totale di energia era pari al il 50,9 per cento, seguito dall'Asia - escludendo la Cina, che da sola utilizza fonti rinnovabili per il 20,2% - con il suo 34%, dalla Russia e gli Stati dell'ex-Urss (3,3%). Passando all'Europa, e quindi a noi, i paesi europei che fanno parte dell'OCSE utilizzano energie alternative per un 6,2 per cento. Di questo, il 34,4 per cento è rappresentato dall'energia idroelettrica, il 10,8 da quella geotermica, solare ed eolica e il 54,8% è energia da biomassa e rifiuti. E arriviamo all'Italia. Nel 2000 appena il 5,3% della produzione energetica complessiva nel nostro paese derivava da fonti rinnovabili.
Il motivo per cui le energie "alternative" o "rinnovabili" contribuiscono finora in maniera molto limitata all'approvvigionamento energetico è che si pretende da esse quello che non possono dare o danno in modo poco efficiente. Il problema nell'uso delle energie alternative quali in particolare sole e vento è che tali fonti sono estremamente diluite, per cui gli apparati di conversione necessitano di grandi superfici e volumi, e la loro disponibilità non è determinabile con sicurezza in anticipo. Le energie alternative possono svolgere una funzione importantissima ma solo se vengono usate per quello che sono. Non ha senso alimentare con sole e vento sistemi elettrici di grandi dimensioni concepiti per un altro tipo di generazione e utilizzo di energia. La conversione e l'utilizzo in forma di elettricità sono economicamente fattibili solo dove il consumo di energia è estremamente razionale, senza sprechi e può adattarsi ai cicli naturali di disponibilità di tali fonti. Idealmente sole e vento dovrebbero però essere impiegati direttamente evitando ove possibile il passaggio per l'elettricità. Si possono ad esempio costruire edifici con forma, orientamento e materiali tali in modo da sfruttare al meglio i cicli naturali giorno-notte, estate-inverno, luce-ombra. Da questo punto di vista i nostri antenati medievali, ad esempio quelli che hanno dotato Bologna di un'estesa rete di portici, senza saperlo avevano battuto i tedeschi moderni sul piano dell'ecologia! Al contrario sarebbe assurdo cercare di alimentare con il fotovoltaico grattacieli americani con il loro condizionamento costante e forzato e grandi superfici in vetro disperdenti energia oppure ipermercati e capannoni industriali senza finestre e che quindi richiedono illuminazione artificiale anche di giorno.