Tra arte e tradizioni
Introduzione alla Mostra
Per la prima volta, viene esposto l'intero corpus di abiti e gioielli tradizionali della Valle d'Aosta, a suo tempo inviati a Roma per l'Esposizione Internazionale del 1911, realizzata per celebrare i cinquant'anni dell'Unità d'Italia.
Analogamente alle altre Regioni la Valle D'Aosta parteciperà, infatti, alla importante Mostra di Etnografia italiana, che si terrà in Piazza d'Armi - oggi quartiere Prati - nell'ambito dell'esposizione internazionale, inviando, oltre i costumi e gli ori, un cospicuo numero di manufatti destinati ad ornare sia i corrispettivi fabbricati regionali sia il palazzo delle Maschere e dei Costumi e il palazzo così detto delle Scuole. In quest'ultimo, situato a sinistra di chi scendeva dall'imponente Foro delle Regioni, opera di Marcello Piacentini (1881-1960), saranno infatti esposti, accanto agli abiti e ai manufatti delle altre regioni, gli oggetti maggiormente significativi della Valle d'Aosta dalle cuffiette a colori in uso nella valle di Ayas e di Courmayeur ai bustini ricamati, ai copricapi di Gressoney e al tamburello di Cogne, in sintesi tutto quel patrimonio della Regione ricca di simboli, saperi tecnici e creatività materiale.
L'analisi accurata di tale materiale iniziata nel passato e continuata per decenni in collaborazione con la Regione della Valle D'Aosta e del Piemonte, ha consentito la catalogazione sistematica dell'intera collezione realizzata grazie al lavoro di Alessandro Roccavilla (1865-1929) che, tra il 1895 e il 1910, raccoglie gli oggetti sul territorio seguendo le indicazioni di Lamberto Loria (1855-1913) responsabile della mostra etnografica e fondatore del futuro Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari oggi Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia in cui è attualmente conservata l'intera raccolta. In linea dunque con il passato abbiamo assecondato con gioia l'intenzione dell'Amministrazione regionale di valorizzare il materiale etnografico raccolto ed esposto nel secolo scorso in ambito internazionale, convinti che l' istituzione debba essere a disposizione di chiunque voglia riscoprire il significato delle proprie radici. É infatti nostro auspicio che dalla conoscenza di tale patrimonio possa nascere un nuovo modello di fruizione sistematica della "cultura materiale e immateriale" tale da permettere alle differenti realtà di approfondire e conoscere meglio la propria identità, la "storia" del proprio territorio. Sintesi della ricchezza culturale l'abito esprime meglio di qualsiasi altro manufatto l'identità e il senso di appartenenza al proprio sociale, alla propria terra, pertanto scopo dichiarato dell'esposizione è quello di restituire un'immagine non stereotipata ma reale e significativa del nostro paese grazie proprio all'analisi dei costumi con il loro lessico ricchissimo e variegato legato alla scelta delle fogge, dei colori, degli ornamenti simbolici.
Ancora una volta come nel passato, quando con le esposizioni internazionali si voleva promuovere la produzione artigianale delle nostre maestranze, il messaggio che ne scaturisce conferma la necessità d'investire strategicamente su questo particolare patrimonio storico che permette di custodire l'identità
profonda di una Regione e, nel contempo, consente di guardare al futuro valorizzando un settore importantissimo sia in campo culturale che in campo economico, convinti che la valorizzazione dei beni etnoantropologici consista essenzialmente nella loro riscoperta quale preziosa risorsa per l'intero Paese. Oggi più che mai è necessaria la conoscenza della variegata cultura identitaria del Paese, la cui forza in senso specifico consiste nella sua capacità di interagire e cooperare con le istituzioni e con le attività produttive locali in grado dunque di ripristinare o potenziare gli effetti indotti sul sistema economico locale e di acquisire maggiore importanza sul mercato nazionale e internazionale.
La presente esposizione permette infatti di collocare in un quadro concettuale ampio ed articolato una delle tappe più importanti del nostro passato e nel contempo di approfondire la nozione stessa di "patrimonio demoetnoantropologico" inteso non solo come testimonianza della storia e dei modi di vita della popolazione ma anche di quel "microcosmo complesso" rappresentato dall'abito tradizionale essendo ormai comunemente accettata l'idea che il suddetto patrimonio sia costituito dall'intersezione di beni materiali e immateriali che hanno come referente, nelle loro forme, la memoria e la cultura del
gruppo a cui appartengono. Un fattore di forte successo nella valorizzazione di una Regione è il suo legame con la cultura locale che oggi sempre più si identifica come il capitale per lo sviluppo e la tutela di una particolare località. Sotto questa ottica le radici legate alle tradizioni e quindi alle differenti culture debbono essere analizzate non solo da un punto di vista storico ma quale strumento di valorizzazione attuale del bene e in termini di risorse preziose. La mostra ha consentito di far emergere la complessità dei valori contenuti e rappresentati nella raccolta e di riannodare ed attivare sinergie ed operatività sia a livello nazionale che regionale in accordo con gli obiettivi di protezione e promozione dell'importante patrimonio materiale e immateriale del paese.
STEFANIA MASSARI
L' abbigliarsi è uno dei temi centrali della ricerca etnografica condotta dal Museo - oggi parte del nuovo Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia - che nell'ultimo decennio ha dedicato a questo tema un'attenzione particolare attraverso esposizioni ad esso dedicate. É stato infatti il lavoro capillare compiuto sul patrimonio, via via sedimentato e sistematicamente ordinato, che ha permesso di presentare in mostra e in catalogo una significativa campionatura della raccolta di abiti e ori della Valle D'Aosta (383 pezzi) che fanno parte dell'eccezionale collezione conservata nella sede dell'EUR, composta da oltre 1000 abiti tradizionali della fine dell'Ottocento e dei primi del Novecento. Collezione formatasi per iniziativa dell'etnologo Lamberto Loria (1855-1913) in occasione della Mostra dell'Etnografia Italiana tenutasi nell'ambito dell'Esposizione Internazionale del 1911 per il cinquantenario dell'Unità d'Italia di cui a breve ricorreranno le celebrazioni. La mostra, che anticipa, le celebrazioni nazionali che avverranno nel 2011, è lo spunto per compiere un viaggio a ritroso alla riscoperta delle nostre radici e dei valori di un mondo che ancora ci appartiene, un patrimonio culturale che può essere messo al servizio dello sviluppo del paese. Dal punto di vista etnografico, il numero dei costumi tradizionali e di ori raccolti, la qualità, i modi e le attenzioni riservati all'esposizione etnografica del 1911 hanno costituito e ancora costituiscono uno degli aspetti più interessanti del nostro patrimonio artigianale e culturale. Il vestito è una sorta di carta di identità di colui che lo indossa, un messaggio sociale che produce e determina atteggiamenti e comportamenti rituali. Esempio eclatante delle trasformazioni generate dalla dinamica sociale locale, il costume definisce, al pari del materiale con cui è stato realizzato, le differenze tra i diversi gruppi, stati sociali di cui rappresenta la visualizzazione più immediata. I tessuti, le stoffe, le decorazioni, gli ori sono indicatori di altrettante vicende storiche, sociali ed economiche che hanno profondamente influito sull'ambiente. Pertanto una sezione della mostra è stata dedicata ai dipinti di Antonio Novena (1931-2003): immagini mai banali ma intimamente poetiche che ritraggono i vari aspetti della realtà valdostana. Realtà quanto mai ricca come dimostrano la fattura, il decoro, il cromatismo degli abiti esposti che riteniamo possano essere ancora fonte di ispirazione per l'attuale industria manifatturiera e per i prodotti del "made in Italy", capaci di attrarre nel Paese preziose risorse. Con la mostra si dà avvio ad una serie di iniziative, in accordo con il Comune di Roma, di promozione per la valorizzazione dei Musei e del quartiere EUR: l'esposizione costituisce senza dubbio un primo importante passo per realizzare una nuova politica di sviluppo del territorio attraverso il coinvolgimento delle istituzioni centrali e locali, riconoscendo a queste una valenza che può agire da volano per lo sviluppo culturale ed economico del paese.
Catalogo a cura di Stefania Massari e Tiziana Fragno, Casa Editrice: PRIULI & VERLUCCA
Orari: da martedì a sabato 9.00 - 18.00, domenica e festivi 9.00 - 20.00, lunedì chiuso.
l'ingresso è consentito fino a mezz'ora prima della chiusura
Informazioni e prenotazioni: tel. 06/5626148, e-mail: ic-d@beniculturali.it
Costo del biglietto: intero € 4,00; ridotto € 2,00
Prenotazione obbligatoria per gruppi e scolaresche
Visite guidate su prenotazione: 06/5926148 cell. 3333981551
Visite guidate gratuite: domenica e festivi ore 11.00
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